Come cucinare i finocchi
I finocchi in cucina possono essere impiegati per tante preparazioni diverse, anche perché possono essere utilizzate tutte le parti di questo alimento. Per esempio, il grumolo bianco (che, a differenza di quel che si pensa solitamente, non è un bulbo), può essere mangiato crudo, come snack o in un'insalata, oppure cotto, come condimento per un primo o gratinato come contorno.
Finocchietto e finocchi selvatici
Per quel che concerne i finocchi selvatici, a volte noti anche come finocchietto, si possono gustare non solo i fiori (sia freschi che essiccati), ma anche i diacheni, cioè i frutti: quelli a cui si fa generalmente riferimento indicandoli come semi (ma sbagliando).
I semi di finocchio
I semi (o frutti) del finocchio sono, a seconda della varietà, più o meno pepati, più o meno dolci o più o meno amari. Sempre del finocchio selvatico si possono utilizzare anche i rametti (per esempio nella cucina tradizionale marchigiana vi si ricorre per la preparazione dei bombetti e delle lumachine di mare) e le foglie.
Queste ultime si prestano a una grande varietà di possibilità: fresche, lavate e tritate possono servire per insaporire i piatti di pesce o le minestre, ma anche i formaggi, le insalate e i primi. Basti pensare alla pasta con la sarde, piatto tipico della Sicilia, in cui tra gli ingredienti principali ci sono proprio le foglie del finocchio selvatico.
I fiori di finocchio
Non solo: i fiori di finocchio servono per aromatizzare le olive in salamoia e i funghi, saltati in padella o al forno, ma anche le castagne bollite; nell'alto Lazio, poi, vi si ricorre per insaporire le carni di maiale e la celebre porchetta.
Taralli, dolci e le specialità regionali
Sempre a livello regionale, in Puglia con i semi di finocchio si preparano i taralli salati, noti in tutta Italia, ma anche dolci casalinghi e ciambelloni; in tutto il Sud Italia, i semi vengono adoperati anche per speziare le tisane e il vino caldo, complici i loro effetti benefici.
Mentre in Piemonte si cucina il finocchino, un biscotto tipico proprio a base di finocchio, in Toscana soprattutto nelle regioni costiere che si affacciano sul Mar Tirreno si è soliti gustare un liquore di finocchietto preparato con le foglie e i fiori freschi.
La preparazione dei finocchi
Prima di consumare un finocchio, sia crudo che cotto, è necessario pulirlo e lavarlo: ci vuole molta attenzione per compiere questa operazione, perché non è raro che all'interno vi siano dei residui di terra.
Quindi, per iniziare, occorre prendere un tagliere e porvi sopra il finocchio, mantenendolo fermo: con un coltello, si staccano le barbette verdi e i gambi fino alla base. Non è detto che tali scarti debbano per forza essere buttati: si possono usare per profumare le zuppe o l'acqua in cui viene fatta bollire la carne, ma anche per insaporire l'acqua in cui si fa lessare la pasta o semplicemente per rendere più gustosi i pesci, alla griglia o lessati.
La pulizia del finocchio prosegue staccando la base del torsolo ed eventualmente le foglie più esterne, nel caso in cui siano molto dure. Quelle sottostanti, invece, vanno incise con la punta del coltello, prima di tirare i filamenti duri verso l'esterno.
A questo punto il finocchio è pronto per essere lavato sotto l'acqua corrente, passando le dita tra una foglia e l'altra. Dopodiché, esso va collocato in una bacinella contenente acqua acidulata (cioè bagnata con qualche goccia di succo di limone), in modo tale che non diventi nero ma mantenga il proprio colore.
Cucinare il finocchio oppure mangiarlo crudo
Lo si può gustare, perciò, come meglio si crede, sgranocchiandolo crudo, condendolo in insalata (con olive nere, noci, formaggio cremoso, un pizzico di pepe e olio, per esempio) oppure cuocendolo. Il finocchio è ottimo sia saltato in padella con un po' di burro, sia gratinato al forno con besciamella e pane grattugiato.
In linea di massima, i finocchi vanno tagliati a listarelle se si desidera mangiarli crudi, mentre lasciati a spicchi, se verranno lessati o cotti.
Conservazione dei finocchi
In frigorifero si conservano anche per cinque o sei giorni, ma naturalmente con il passare del tempo tenderanno a diventare più flosci e a perdere la loro peculiare croccantezza, soprattutto per le foglie più esterne.
Note sull'autore
Stefano Moraschini si occupa di web dal 1999. E' storyteller certificato IAB e assaggiatore qualificato ONAF, ONAS (formaggi e salumi). E' degustatore professionale di birre, docente UBT ed esperto di abbinamenti; giudice nei concorsi caseari e birrari, in Italia e all'estero. Legge e scrive su, per, in, tra e fra molti siti, soprattutto i suoi, tra cui questo. Quando non legge e non scrive, nuota, pedala e corre. Puoi metterti in contatto con lui su Instagram, Facebook e Twitter.
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